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La scuola non può solo istruire
- 31 Agosto 2022
- Pubblicato da: Accademia
- Categoria: Blog
In viaggio verso l’università di Bergamo mi domando cosa potrò donare di utile e bello alle tante ragazze e ragazzi che mi aspettano. Mi interrogo e mi guardo intorno.
Dal finestrino del treno vedo scorrere la bellezza di un paese che è una meraviglia ma quando guardo dentro il treno lo spettacolo è decisamente diverso. Sguardi che non si incontrano, grandi orologi che brillano , e poche facce che mi parlano di serenità, di gioia e di felicità.
Questo treno mi parla e mi racconta quello che sento quotidianamente, pur dentro un’oasi felice che è la mia famiglia, il mio lavoro, le mie relazioni. Sento che ci allontaniamo sempre più dalla felicità.
la felicità è fatta di pace, di bellezza, di relazioni, di altruismo, di diversità che si abbracciano, di libertà e di conoscenza. Parlerò forse di questo agli studenti e domanderò loro ” A cosa serve la scuola?” Possiamo occuparci solo di istruire? Istruire deriva dal latino in-struere , che significa portare dentro materiali, nel nostro caso nozioni. Il maestro deve trasferire nozioni? La risposta è qui in questo treno.
Non abbiamo bisogno di questo, viviamo nell’epoca di internet e in rete con un piccolo movimento delle nostre dita sempre piu’ abili e in pochi secondi possiamo trovare tutte le informazioni che cerchiamo e in una modalità sinceramente più ricca ed accattivante di un libro o di un professore che legge slides.
Guardate fuori cosa fa la gente, provate a percepire come si sentono, quel che comunicano i loro corpi, le loro facce aldilà delle apparenze e delle parole e sopratutto guardatevi dentro e domandatevi come vi sentite.
Tutto ci parla di solitudine, di conflitti irrisolti, di paura, di ansia, di diffidenza. Siamo un’immensa folla di solitudini rinchiusi in prigioni dorate con schermi piatti e medicine di ogni genere ad alleviare dolori silenti ma acuti.
Da maestro vedo famiglie sempre più in difficoltà, aumentano le separazioni e diminuisce l’amore, l’individualismo ci acceca e non ci fa vedere cosa stanno sentendo i nostri bambini. Ci preoccupiamo dei loro corpi e trascuriamo la loro anima, li vorremmo come piacciono a noi e se tutti si adeguano al modello astratto di bambino disegnato da questa società molto materialista, tanto meglio. I bambini vengono catalogati per diagnosi sempre piu’ frequenti e la parola amore pronunciata meno di AHDH.
I dati disegnano un quadro inquietante: la depressione infantile sconosciuta nella letteratura fino a 20 anni fa cresce a ritmi vertiginosi; il consumo di psicofarmaci da parte dei bambini aumenta in maniera esponenziale; il 73% dei nostri che frequentano le medie sentono malessere; 1 bambino su 10 abbandona precocemente la scuola.
L’ansia, la paura, la vergogna sono le emozioni che accompagnano gli adolescenti e ne precludono il loro sviluppo cognitivo e sopratutto il loro benessere.
Guardando tutto questo non vedo come la scuola si possa permettere il lusso di rimanere ancorata a principi e valori di tre secoli fa, allorquando la scuola nacque prefiggendosi lo scopo di Istruire la popolazione ( almeno questo è quello che ci hanno detto ).
La scuola di oggi deve essere un supporto per le famiglie, le deve abbracciare, coinvolgere, sostenerle nel loro ruolo di genitori. La scuola deve occuparsi delle emozioni dei bambini, partendo da una relazione amorevole e aiutandoli a conoscerle e ad esprimerle. Un bambino che non si sente ascoltato che non sa esprimere i suoi sentimenti li terrà dentro di sè ed essi cresceranno fino a fare male, molto male. Dobbiamo aiutarli a conoscersi, ad amarsi e a saper stare in mezzo agli altri. A lavorare insieme, a fare progetti comuni, a condividere e a sapersi nutrire della ricchezza della diversità . L’omologazione fa danni, la competizione rallenta l’apprendimento, il giudizio limita l’esplicitazione dell’immenso potenziale che ogni essere umana porta dentro di sè. Non possiamo occuparci di geometria, o di poesia se essi non hanno una buona autostima, non serve a nulla l’inglese se non imparano ad ascoltarsi, a leggere i propri sentimenti, a scoprire il proprio talento e le proprie passioni.
Si può fare!
Oggi prima di prendere il treno sento una mamma che dice alla cassiera “Oggi niente caffè. Me l’hanno offerto a scuola” La cassiera domanda “E che scuola è, questa scuola dove ti offrono il caffè?” “Una scuola bella” risponde mamma Serena con un sorriso smagliante. Mi si riempie il cuore di gioia e mi giro per abbracciarla, la barista osserva estasiate e un sorriso compare sul suo volto un po’ rabbuiato. E penso a ieri, a Monica e Francesca due docenti della Bicocca ma sopratutto due amiche e due splendide persone che ci sono venute a trovare, ai loro occhi vivi, alla loro gentilezza, penso al marito di Serena che dipingeva le sedie per i bambini, a mamma Hannah e mamma Ambra che smistavano la frutta biologica per tutte le famiglie, a Marina e Sonia altre mamme che lavoravano appassionate in segreteria, all’abbraccio di mamma Roberta appena terminate le pulizie, al seminario sul metodo Gordon tenuto da papà Ferrucccio dove era pieno di maestre curiose, umili e mai sazie, a papà Daniele che costruiva mobili per i bambini e a mamma Cristiana che dopo una giornata di lavoro, dopo le pulizie a scuola e con solo tre figli a carico dispensava sorrisi sinceri e occhi splendenti in un cerchio di mamme. Penso agli occhi tristi dei tre papà che gestiscono la scuola calcio nel bosco, gratuità e per tutto il quartiere, perchè la pioggia aveva impedito gli allenamenti
Beh forse racconterò loro quello che è successo all’asilo nel bosco e in Piccola Polis e dirò loro, sapendo di far felice Mario Lodi “C’è speranza se accade” e per far felice me aggiungerò: “Daje, nun se famo fregà, non possiamo rinunciare alla nostra bellezza”.