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La premessa fondamentale per promuovere lo sviluppo del cervello del bambino, secondo David Bueno.
- 9 Febbraio 2024
- Pubblicato da: Accademia
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Come impara il cervello? Come ottimizzare la crescita mentale fin dalla prima infanzia? Il prestigioso ricercatore ci fornisce delle linee guida fondamentali
Capire come funziona il cervello di un bambino è fondamentale per aiutarlo a potenziare tutte le sue capacità, così come per sviluppare ulteriormente quelle in cui la genetica ha fornito basi meno solide. David Bueno i Torrens, dottore in Biologia, fondatore della cattedra di Neuroeducazione dell’Università di Barcellona e punto di riferimento in questo settore scientifico a livello nazionale e internazionale, spiega in modo semplice nel suo ultimo libro, Educa tu cerebro (Editorial Grijalbo) , come farlo. Abbiamo parlato con lui e ci ha spiegato dettagliatamente le premesse essenziali da seguire a casa con i nostri figli per favorirne una migliore crescita mentale fin da piccoli.
In che modo l’ambiente emotivo in cui si vive durante l’infanzia influenza il cervello?
L’ambiente emotivo vissuto durante l’infanzia ha un ruolo molto importante nel modo in cui è costruito il cervello e nel modo in cui questi ragazzi e ragazze successivamente percepiranno se stessi e si relazioneranno con il loro ambiente. Si è visto, ad esempio, che i bambini che vivono nei primi anni di vita in quello che viene chiamato un ambiente educativo negativo, con poco o nessun sostegno emotivo e addirittura con rifiuto e ostilità, rispetto a coloro che vivono in un ambiente genitoriale positivo, che prevede sostegno emotivo, non iperprotettivo (e mi piace sottolinearlo, non iperprotettivo) con coerenza tra ricompense e rimproveri educativi, questo lascia un’impronta nel loro cervello che si nota poi soprattutto dopo la pre-adolescenza e adolescenza.
Coloro che hanno vissuto in un ambiente genitoriale negativo sono persone meno creative, con minori capacità di apprendimento, più difficoltà nel ricercare le proprie motivazioni, meno facilità nel gestire ansia e stress, e più impulsive. E questo comincia a prendere forma già durante questa prima infanzia. Naturalmente tutto può cambiare in seguito; può cambiare perché il cervello rimane plastico e incorpora nuovi apprendimenti ed esperienze, ma segna già una tendenza successiva.
Perché è importante per il cervello che i bambini giochino ?
Il gioco è il modo istintivo che i bambini e anche gli adulti hanno di acquisire nuove conoscenze, quindi è importante che i bambini giochino perché è il modo in cui devono stare in un ambiente ragionevolmente sicuro dove esplorare se stessi, il proprio ambiente e costruire relazioni sociali, instaurare giochi di ruolo, l’acchiapparella… un qualsiasi gioco per bambini. In questo senso è importante anche evidenziare che si è visto che il gioco libero, cioè non diretto o supervisionato da un adulto, migliora successivamente la capacità di gestire lo stress, gestire l’ansia, affrontare nuove sfide, valorizzando in modo riflessivo le minacce e i rischi di queste nuove sfide. Il gioco libero è semplicemente che, anche se ci possono essere adulti più o meno vicini in modo che non subiscano danni, non intervengono direttamente nel loro gioco e lasciano che giochino quello che vogliono, anzi, lo lasciano addirittura – entro certi margini di sicurezza. – arrampicarsi su una roccia, arrampicarsi su un albero… perché questo insegna loro cosa significa rischio, come valutare le proprie possibilità in queste situazioni. Quindi il gioco libero è assolutamente cruciale per lo sviluppo ordinato del cervello.
Di cosa dovremmo tenere conto per offrire il miglior ambiente emotivo possibile ai bambini al fine di promuovere lo sviluppo del cervello?
Ciò di cui dovremmo tenere conto per offrire un ambiente emotivo migliore è farlo attraverso una genitorialità positiva. Questo è quello che ho detto prima riguardo al supporto emotivo non iperprotettivo: non si tratta di fare le cose che possono fare, ma è far sì che le facciano loro, e far sentire loro che siamo al loro fianco, sostenendo le loro decisioni; si tratta di trovare un equilibrio tra ricompense e rimproveri educativi. I premi non sono regalare un pesce rosso ogni volta che fa qualcosa di buono; la ricompensa è quello sguardo di sostegno, soddisfazione, conforto che diamo loro affinché si sentano a proprio agio. E gli ammonimenti, quando devono essere dati, devono essere fatti come un modo di reindirizzamento di certi atteggiamenti, ma devono essere reindirizzamenti fatti in modo positivo e proattivo.
Per esempio: un richiamo tipo questo: “che disastro, non stai facendo niente di giusto!”, è una genitorialità negativa. Il disastro è finalista; Chi si riprende da un disastro? La forma positiva di reindirizzamento sarebbe qualcosa del tipo “possiamo farlo meglio”. Quando ti dicono che puoi fare meglio, capisci già che non l’hai fatto bene, ma “noi possiamo” è la prima persona plurale e indica che sì devi fare meglio, ma che io sono comunque al tuo fianco per sostenerti. “Fare” ha uno scopo, ci porta all’azione e, quando ci dicono “meglio”, proviamo quella soddisfazione e ricompensa nel vedere che possiamo continuare ad andare avanti. Questo sarebbe l’ambiente emotivo più favorevole per lo sviluppo del cervello dei bambini.
Nel libro sottolinea che uno degli aspetti più rilevanti per un apprendimento efficace è la motivazione intrinseca: come farla nascere o potenziarla nei bambini fin da piccoli?
La motivazione intrinseca fa parte del nostro bagaglio biologico, fin dalla prima infanzia. I bambini giocano da soli ed esplorano l’ambiente; non appena riescono a gattonare, iniziano a strisciare ovunque per la semplice motivazione di scoprire cosa c’è oltre, per mettere alla prova le proprie capacità. L’importante è non mutilare questa motivazione intrinseca, è mantenerla viva, lasciando che siano loro a decidere alcune cose.
Ad esempio, non è che debbano decidere tutto, non è che dobbiamo sempre fare quello che vogliono loro. No, non è questo, ma dobbiamo lasciare loro spazi di decisione, spazi di esplorazione, affinché mantengano questa motivazione intrinseca che è associata alla specie umana fin da quando siamo bambini e che, ripeto, molte volte il problema è che la mutiliamo. La mutiliamo quando non lasciamo loro fare nulla, quando li dirigiamo, quando viene diretto tutto nel loro gioco, quando non hanno tempo durante la settimana per fare altro che andare a scuola, studiare e svolgere qualsiasi attività extrascolastica. e senza avere modo di scoprire cosa vogliono veramente fare.
I bambini e gli adolescenti possono sviluppare una mentalità di crescita? Se sì, come possiamo noi genitori aiutarli a incoraggiarlo?
Naturalmente i bambini e gli adolescenti possono sviluppare una mentalità di crescita. Alcuni hanno una mentalità fissa, in parte perché c’è una certa componente genetica in essa e in parte perché nella prima infanzia forse non gli era permesso esplorare l’ambiente, questa motivazione e questa curiosità è stata mutilata, con le frasi che io detto prima (“che disastro, non fai niente di giusto”); ciò li fa ritirare gradualmente sempre più in se stessi.
Come possiamo aiutarli a promuoverlo? Innanzitutto dobbiamo essere un buon esempio, sviluppando una mentalità di crescita affinché abbiano un modello da imitare e, poi, dobbiamo aiutarli a capire che, poco a poco, con impegno – ovviamente lo sforzo è importante -, ma con uno sforzo accessibile, gratificante, motivante sf vanno avanti, crescono, e questa è precisamente la definizione di mentalità di crescita.
Sostieni che è solo all’età di 6 anni che vengono creati nuovi neuroni e che, dopo tale età, ne vengono prodotti pochissimi altri; possiamo in qualche modo favorire una maggiore produzione di neuroni in quella fase della vita e potenziare in questo modo l’intelligenza dei bambini?
Il cervello produce nuovi neuroni fino all’età di 6 anni; nasciamo con circa il 40% dei neuroni che avremo in età adulta, ma quando compiamo 6 anni li abbiamo già tutti. Questo semplicemente perché avere più neuroni significherebbe avere più neuroni alla nascita, il che richiederebbe una testa più grande che non entrerebbe nel canale del parto della madre.
Non dobbiamo fare nulla per far sì che abbiano più neuroni perché l’importante non è il numero di neuroni in sé; ciò che è importante sono le connessioni che i neuroni stabiliscono tra loro. Più connessioni stabiliscono, maggiore è la plasticità neuronale – questo è il nome tecnico – del cervello, più facilmente acquisiranno nuovi apprendimenti. Quindi quello che dobbiamo fare è offrire loro ambienti ricchi di esperienze stimolanti, ma non eccessivamente stimolanti, in modo che possano beneficiare di questa plasticità in termini di creazione di nuove connessioni. Abbiamo il numero di neuroni che dobbiamo avere, perché quel numero in valore assoluto è del tutto irrilevante.
Può la genetica favorire una maggiore crescita del cervello in un ambiente e con condizioni favorevoli o può, al contrario, rallentarla? La genetica determina l’intelligenza di un bambino?
La genetica influenza l’intelligenza di tutte le persone, anche dei bambini e delle bambine. Ma influenza; non determina, influenza! Esistono persone geneticamente più predisposte a qualsiasi caratteristica mentale o cognitiva che possiamo immaginare; anche l’intelligenza, la creatività, l’empatia, la capacità di ragionare… e altre un po’ meno facili, dal punto di vista genetico.
Quello che mi piace dire qui è che, dal momento che non possiamo toccare i geni – che fa parte dell’incredibile diversità umana – cosa è importante? L’importante è che, qualunque sia il nostro punto di origine genetica, possiamo sempre crescere in qualsiasi caratteristica attraverso un sistema educativo, una famiglia, un ambiente sociale che lo valorizzi; e stare attenti perché possiamo mutilarlo anche in un sistema educativo o in un ambiente familiare o sociale che va nella direzione opposta. Una persona, ad esempio, con poca predisposizione genetica alla creatività, ma che stimoliamo, lasciandola lavorare, finisce per averne molta di più di qualcuno che, avendo più predisposizione genetica, ha visto mutilare quella creatività, non permettendole di fare tutto ciò che va fuori dagli schemi stabiliti. E lo stesso, ovviamente, con l’intelligenza o qualsiasi altra caratteristica mentale.
Autrice: Elena Villegas
Traduzione: Margherita Delfini
Fonte: https://www.hola.com/padres/20240131355398/david-bueno-entrevista-como-favorecer-desarrollo-cerebral-nino/