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Perchè le emozioni?
Tradizionalmente, l’istruzione formale ha enfatizzato l’acquisizione della conoscenza a scapito di altri tipi di apprendimento. Questo approccio focalizzato sullo sviluppo cognitivo ha portato ad una serie di carenze sociali che, nel caso dell’adolescenza, si sono manifestate in comportamenti indesiderati come, ad esempio, il consumo di droghe, alcol o atti violenti. Inoltre, nel caso specifico della Spagna, sebbene i bambini attuali abbiano un QI più elevato rispetto a quelli dei decenni precedenti (Colom, 2005), le valutazioni internazionali come il rapporto di Pisa mostrano che hanno un livello accademico inferiore alla media fissata dall’OCSE. In una situazione mutevole come quella attuale, i bisogni dei bambini del 21° secolo sono molto diversi da quelli delle generazioni precedenti. Per questo motivo sono necessarie riforme radicali nei sistemi educativi che permettano loro di smettere di essere meri trasmettitori culturali immutabili e possano, attraverso un concetto educativo più flessibile, ampio, integrativo e orientato ai valori, adattarsi alle esigenze attuali. Ecco perché l’educazione deve considerare le emozioni, dato che le ricerche neuroscientifiche hanno dimostrato che esse sono essenziali nei processi di ragionamento e di decisione, costituiscono la base della curiosità e dell’attenzione che sono così determinanti nei processi di apprendimento e che lo sono anche direttamente legati alla salute (Damasio, 2006).
Rafael Bisquerra definisce molto bene l’educazione emozionale: un processo educativo continuo e permanente che mira a potenziare lo sviluppo delle competenze emotive come elemento essenziale dello sviluppo integrale della persona, come oggetto per formarla per la vita. Tutto ciò mira ad aumentare il benessere personale e sociale (Bisquerra, 2012). I programmi di educazione emozionale e sociale devono cioè aiutare i bambini, attraverso un codice etico e morale appropriato, ad imparare ad apprendere. E in questo apprendimento per la vita, la scuola (sempre in collaborazione con la famiglia e la comunità) deve essere sempre più impegnata nella vita quotidiana offrendo un insegnamento pertinente e critico. L’insegnante, lo strumento didattico più potente, deve essere il motore di questo cambiamento, generando climi di apprendimento positivi.
Promuovendo un maggiore controllo emotivo e una maggiore empatia, le nostre relazioni con gli altri dovrebbero migliorare e quindi promuovere una società più giusta. Naturalmente, le competenze emotive e sociali non dovrebbero sostituire le competenze cognitive ma dovrebbero integrarle. Un ulteriore esempio di cooperazione e progresso comune, così essenziali tra i cittadini della società odierna.
Un caso reale
Le competenze di cui gli studenti hanno attualmente bisogno per entrare nel mercato del lavoro non si limitano all’apprendimento della lettura, della scrittura o della matematica. Tuttavia, nei processi di valutazione delle competenze di base nella scuola primaria, al termine dell’ESO o nella Selettività (esame pre-universitario in Spagna), viene considerata solo l’acquisizione di competenze puramente accademiche.
La prova
In uno studio pluriennale che ha coinvolto più di 270.000 studenti di tutto il rango accademico fino al pre-college, 213 scuole che utilizzavano programmi di apprendimento socio-emotivo sono state confrontate con quelle che non lo facevano (Durlak, 2011). Rispetto ai gruppi di controllo, i partecipanti ai programmi socio-emotivi insegnati nella scuola primaria hanno mostrato miglioramenti significativi nelle competenze sociali ed emotive, con atteggiamenti più positivi e un maggiore impegno scolastico a 18 anni. E non solo, hanno presentato risultati accademici migliori (un miglioramento dell’11%).
Emozioni e cervello
Analizziamo perché le emozioni svolgono un ruolo importante nell’apprendimento mediante l’osservazione del cervello. In uno studio che ha utilizzato la tecnica della risonanza magnetica funzionale, è stato indagato come il contesto emotivo influenzi il processo di memorizzazione (Erk, 2002). Ai partecipanti è stata presentata una fotografia che generava emozioni positive, negative o neutre e poi delle parole che dovevano memorizzare. Il risultato è stato che le parole meglio ricordate erano quelle associate al contesto emotivo positivo. Inoltre, sono state attivate diverse regioni del cervello: l’ippocampo in un contesto emotivo positivo (d), l’amigdala in uno negativo (c) e il lobo frontale in uno neutro (b).
- b) GFi (giro anteriore inferiore); c) Am (amigdala); d) GL (giro linguale), pGH e aGH (giro ippocampale posteriore e anteriore), GF (giro fusiforme).
Questi risultati mostrano la relazione diretta tra cognizione ed emozione. Come abbiamo più volte commentato, lo studio e la scuola hanno bisogno che prevalgano le emozioni positive.
D’altro canto, l’analisi di pazienti con lesioni cerebrali ha determinato quali regioni sono decisive per l’acquisizione delle competenze socio-emotive o della cosiddetta intelligenza emotiva (Bar-On, 2003): la regione ventromediale della corteccia prefrontale (self -controllo), l’amigdala destra (autoconsapevolezza sociale) o la regione destra della corteccia insulare (empatia). Problemi in queste specifiche regioni del cervello portano delle difficoltà nel prendere decisioni appropriate e queste persone sono meno efficaci nel controllare e regolare le proprie emozioni, hanno più difficoltà a mantenere un atteggiamento positivo e ottimista e ottengono risultati accademici peggiori.
La conclusione è che non esiste un’area cerebrale esclusiva che determina l’intelligenza, anche se l’intelligenza cognitiva dipende maggiormente dalle strutture corticali che consentono le funzioni esecutive (corteccia prefrontale), mentre l’intelligenza socio-emotiva dipende maggiormente dalla struttura sottocorticale (sistema limbico) che promuove l’elaborazione emotiva.
Le scansioni cerebrali hanno dimostrato che quando qualcuno è molto turbato, l’amigdala è altamente attivata (LeDoux, 1999), così come la corteccia prefrontale destra rispetto a quella sinistra (Davidson, 2012). Per affrontare questo tipo di “rapimenti emotivi” negativi che comportano una grande attivazione dell’amigdala, si possono offrire approcci cognitivi come l’auto-confutazione (perché mi succede questo?) o si deve ricorrere all’empatia. Anche altri tipi di strategie mentali possono essere efficaci se praticate regolarmente, come la meditazione o il rilassamento del corpo.
Applicazioni pratiche
Linda Lantieri, sostenitrice della pratica contemplativa e della sua applicazione in classe, suggerisce la necessità di momenti di silenzio in classe, un “angolo di pace” in classe che permetta ai bambini di recuperare il proprio umore in situazioni di mancanza di controllo emotivo, ascoltando musica rilassante che riduce il battito cardiaco e migliora l’umore o, semplicemente, approfondire la letteratura come mezzo per rafforzare la vita interiore dei bambini (Lantieri, 2009).
Stress e prestazione
Sappiamo che lo stress influisce sull’apprendimento. Un certo livello di stress è benefico perché previene la noia e l’autocompiacimento, ma affinché l’apprendimento sia ottimale, il livello di stress non può essere eccessivo perché può causare ansia o esaurimento (legge Yerkes e Dodson).
I livelli di stress cronico si traducono in alti livelli dell’ormone catabolico cortisolo, che può influenzare negativamente la memoria perché l’ippocampo ha molti recettori per questo ormone. È noto inoltre che, in questa situazione di stress cronico, vengono colpite le abilità linguistiche, la creatività, le abilità sociali o i processi legati alla neurogenesi. In una situazione di stress molto intenso si attivano molti circuiti emotivi irrilevanti che influenzano l’esecuzione dei compiti svolti (Goleman, 2012).
Lo stato di massima efficienza cognitiva che determina prestazioni ottimali è quello che corrisponde a ciò che in psicologia è noto come flusso (Csikszentmihalyi, 1997), uno stato di benessere in cui raggiungiamo senza sforzo la padronanza di un’attività. Se non riusciamo a rilassarci e a concentrarci, non potremo entrare in quella fase, motivo trascendentale di climi emotivi positivi e tranquilli a scuola che ci permettono di ottimizzare l’apprendimento. Ma ciò richiede che gli insegnanti siano emotivamente competenti per trasmettere i valori appropriati.
Applicazioni pratiche
Insegnare agli studenti tecniche per migliorare le scelte decisionali senza causare nervosismo, impegnarsi in attività artistiche o praticare sport può aiutare a ridurre lo stress (Hillman et al., 2008).
Obiettivi ed efficacia dei programmi di educazione emozionale e sociale
I programmi di educazione emozionale e sociale devono avere come obiettivo principale lo sviluppo di una serie di competenze emotive. La maggior parte di questi programmi insegnati nei centri educativi si concentrano sull’acquisizione di cinque competenze principali appartenenti alle aree intrapersonali e interpersonali (Bisquerra, 2010; Pérez González e Pena, 2011):
- Consapevolezza di sé: ci permette di riconoscere le nostre emozioni e sentimenti.
- Regolazione emotiva: bisogna saper gestire le emozioni, non sradicarle.
- Empatia: impari a metterti nei panni degli altri.
- Abilità sociali: ci permettono di imparare a relazionarci con gli altri.
- Competenze di vita: ci aiutano ad affrontare le sfide che la vita quotidiana pone e a costruire il nostro benessere personale e sociale.
Aumentando la consapevolezza dei propri stati emotivi e di quelli degli altri, i bambini possono migliorare l’autocontrollo essenziale per azioni responsabili e imparare così a evitare situazioni difficili ed essere in grado di prendere decisioni più appropriate. Con l’aiuto degli adulti, questi tipi di programmi dovrebbero aiutare i bambini a calmarsi e quindi a gestire meglio la comparsa di emozioni negative. E bisogna insegnare loro che i sentimenti sono diversi dai comportamenti. Parlandone e sviluppando una buona dose di empatia è possibile risolvere e affrontare i problemi interpersonali. Quando viviamo in climi emotivi positivi è più facile essere motivati e quindi riuscire ad affrontare i problemi che si presentano nella nostra vita quotidiana e di cui non possiamo assumerci la responsabilità, anche se la nostra responsabilità ricadrà su come li affrontiamo.
Gli studi finora condotti dimostrano che, per essere efficaci, i programmi di educazione emotiva e sociale devono essere caratterizzati da (Rapporto Fondazione Botín, 2008; Bisquerra, 2010):
- Avere rigore scientifico e utilizzare la metodologia appropriata, che sia eminentemente pratica e comprensibile per gli studenti.
- Devono iniziare al più presto, cioè dalle prime fasi scolastiche.
- Gli approcci di lavoro devono essere a lungo termine, essenziali per ottenere risultati concreti. Sarebbe opportuno che ci fosse una programmazione coordinata con il resto delle attività del centro.
- Richiedono coinvolgimento, impegno e formazione degli educatori.
- Gli obiettivi devono essere condivisi tra centri educativi, famiglie e comunità (la famiglia è essenziale per lo sviluppo delle competenze emotive) in una prospettiva trasversale.
- Essi devono essere accompagnati da adeguati principi etici e morali.
- I programmi devono essere valutati per verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti, il che è essenziale per il miglioramento.
Nell’applicare questo tipo di programmi a scuola, l’insegnante, come strumento essenziale, deve ricevere un’adeguata formazione nelle competenze emotive in modo da poter trasmettere un clima di sicurezza e rispetto ai suoi studenti.
Casi reali
- Poco tempo fa ho assistito a una strillata tremenda che un’insegnante della Primaria rivolgeva a uno dei suoi alunni che non avrebbe dovuto avere più di dieci anni. La cosa peggiore di tutte non è stato il palese stato di alterazione che l’insegnante ha manifestato, ma l’utilizzo di un lessico inappropriato per quanto offensivo e ingiurioso nei confronti del bambino.
- Una famiglia mi ha raccontato che l’insegnante di loro figlio di dieci anni aveva l’abitudine di buttarlo fuori dalla classe perché, secondo lei, mostrava un comportamento inappropriato (parliamo di un bambino iperattivo).
L’eccellenza nell’istruzione richiede insegnanti professionali che possano mostrare entusiasmo per la loro materia e affetto per i loro studenti. Cervello e cuore in piena armonia.
Autore: Jesùs Guillen
Fonte: https://escuelaconcerebro.wordpress.com/?s=educacion+emocional
Bibliografia:
1. Bar-On, R. et al.(2003):”Exploring the neurological substrate of emotional and social intelligence”, Brain, 126.
2. Bisquerra, Rafael (Coord.), La educación emocional en la práctica, Horsori-ICE, 2010.
3. Bisquerra, Rafael, Orientación, tutoría y educación emocional, Síntesis, 2012.
4. Colom, R. et al.(2005): “The generational intelligence gains are caused by decreasing variance in the lower half of the distribution: supporting evidence for the nutrition hypothesis. Intelligence, 33.
5. Csikszentmihalyi, Mihalyi, Fluir. Una psicología de la felicidad, Kairós, 1997.
6. Damasio, Antonio, El error de Descartes,Crítica, 2006.
7. Davidson, Richard, Begley, Sharon, El perfil emocional de tu cerebro, Destino, 2012.
8. Duckworth, A., Seligman, M. (2005): “Self-discipline outdoes IQ in predicting academic performance of adolescents”. Psychological Science, 16.
9. Durlak, J.A. et al. (2011): “The impact of enhancing students’ social and emotional learning: a meta-analysis of school-based universal interventions”. Child Development, 82.
10. Erk, S. et al. (2003): “Emotional context modulates subsequent memory effect”. Neuroimage, 18.
11. Goleman, Daniel, et al. Emociones destructivas: cómo entenderlas y superarlas, Kairós, 2003.
12. Goleman, Daniel, El cerebro y la inteligencia emocional: nuevos descubrimientos, Ediciones B, 2012.
13. Güell, M., Muñoz, J.(Coord.), Educación emocional. Programa para la educación secundaria postobligatoria, Wolters Kluwer, 2010.
14. Hillman, C., Erickson, K., Kramer, A. (2008): “Be smart, exercise your heart: exercise effects on brain and cognition”. Nature Reviews Neuroscience, 9.
15. Informe Fundación Botín, Educación emocional y social. Análisis internacional, Santander, Fundación Marcelino Botín, 2008.
16. Lantieri, Linda, Inteligencia emocional infantil y juvenil, Aguilar, 2009.
17. LeDoux, Joseph, El cerebro emocional, Planeta, 1999.
18. Pérez-González, J., Pena, M. (2011): “Construyendo la ciencia de la educación emocional”, Padres y Maestros, 342.